Elettricità che cura, tra positivismo e belle epoque
Alcune proprietà magnetiche dei corpi erano note già nell’antichità, ma solo nel corso del XVIII Secolo l’elettricità entrò in un nuovo spazio interpretativo. L’Illuminismo vide in questo “fluido” non solo un fenomeno indagabile sperimentalmente, ma anche una “meraviglia” del mondo naturale capace di sorprendere e divertire: nei salotti dell’aristocrazia europea l’“électricité amusante” divenne uno slogan che preannunciava spettacolari esibizioni a base di scintille, baci elettrici, duelli con spade folgoranti ed elettrizzazione di catene umane.
A partire dal XIX secolo al fascino ludico e ricreativo suscitato dalle scintille venne rapidamente sostituendosi il fascino della tecnologia, incarnazione del potere di una nuova scienza che era ora in grado di dominare la corrente, capace di addomesticarla per rivoluzionare la vita quotidiana.
La pila, il telegrafo e la lampadina furono gli esiti più noti di questo cambiamento. Meno noto è che la scoperta dell’induzione elettromagnetica e le ricerche nel campo della fisiologia sperimentale condotte tra Parigi e Berlino portarono, verso la metà del XIX secolo, a una rinascita dell’interesse nei confronti del potere sia diagnostico che terapeutico dell’elettricità. In particolare, gli studi condotti da Duchenne de Boulogne e da Robert Remak innescarono un nuovo dibattito tra chi applicava la medicina elettrica utilizzando correnti indotte e chi, dall’altra parte, preferiva le correnti continue o galvaniche. Il dibattito si protrasse fino a primi decenni del ’900: ebbe come esito da un lato il tentativo di applicare l’elettricità allo studio e alla cura di patologie che spaziavano dalla paralisi al “disordine psichico”; dall’altro il proliferare di una pletora di macchine, congegni e tecnologie mediche che si riversarono sul mercato, adottate sia da saltimbanchi e ciarlatani, sia da professionisti impiegati nei reparti di elettroterapia degli ospedali.
La lezione/espositiva “Elettricità che cura, tra Positivismo e Belle Époque” che si terrà Università degli Studi di Bergamo, Campus d’Ingegneria il 26 maggio 2017 vuole raccontare questo cambiamento partendo proprio dalle macchine e dai documenti: una selezione di apparecchi provenienti esclusivamente da collezioni private faranno da filo conduttore a un percorso che grazie a illustrazioni, libri d’epoca, documenti e tavole esplicative consentirà di ricostruire il contesto nel quale la medicina elettrica toccò l’apice della sua diffusione. Gli oggetti esposti, tutti fabbricati in Europa e negli Stati Uniti tra il 1840 e il 1920, provengono dalla Collezione Misurando dell’Ing. Oronzo Mauro (www.misurando.com), dalla Collezione Rocchini-Dumas (http://www.amber-ambre-inclusions.info/) e dalla Collezione Diego Urbani. I collezionisti hanno prestato i loro oggetti gratuitamente allo scopo di ispirare il recupero e la salvaguardia dei beni culturali scientifici e tecnologici.
L’esposizione/Lezione è curata dal Ing. Oronzo Mauro a supporto del progetto “Beautiful Campus: macchine e storia” dell’Università degli Studi di Bergamo.
Ringraziamenti a Christian Carletti per gli studi condotti insieme sul tema.
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